NO ALLA SCUOLA DELLA MEDIOCRITÀ – INTERVISTA DEL SEGRETARIO GENERALE, SERAFINI, SU ITALIA OGGI
INTERVISTA
Rriportiamo l’intervista rilasciata dal Segretario generale dello SNALS-Confsal, Elvira Serafini, pubblicata sull’edizione ddel’11 aprile u.s. di Italia Oggi.
Elezioni Rsu, le richieste del segretario dello Snals-Confsal, Elvira Serafini, al governo
NO ALLA SCUOLA DELLA MEDIOCRITÀ
L’istruzione è un investimento, non un costo da tagliare
Domanda. Lo Snals-Confsal non ha firmato il contratto del Comparto Istruzione, Università, Ricerca e Afam; in sintesi, quali sono i motivi che hanno condotto a questa decisione?
Risposta. Il testo presentato per il rinnovo del contratto è stato scritto, e poi siglato, assecondando strategie e calcoli politici del tutto estranei agli interessi di chi lavora nella Scuola, nell’Università, nella Ricerca e nell’Afam. Che si dovesse chiudere prima delle elezioni era cosa arcinota. Il rinnovo era atteso da quasi dieci anni, ma si è voluto concludere tutto in una notte di convulse trattative, propinandoci anche, in momenti successivi, testi diversi rispetto a quelli su cui si era precedentemente lavorato e senza darci il tempo di fare proposte e di discuterle. Abbiamo preferito non firmare, dire no sia al metodo sia al merito.
- Vediamo, dunque, le questioni di merito.
- Dopo l’accordo di Palazzo Vidoni del novembre 2016, avevamo sperato che il governo desse un segnale di inversione di tendenza, fatto di rispetto, considerazione, investimenti. Così non è stato. Nell’atto di indirizzo per il Comparto non era presente la benché minima volontà di riequilibrare il rapporto tra le fonti che disciplinano il lavoro a favore della contrattazione. C’è stata, invece, la conferma di un pensiero politico verticistico – di fatto il testo del rinnovo rimanda a tutte quelle leggi e leggine che avevano stravolto il contratto precedente e che erano state oggetto di tante battaglie e tante azioni di protesta – tradottosi in una conduzione praticamente unilaterale della trattativa e, cosa ancora più grave, in una impostazione autoritaria e burocratica della vita del Comparto. Risultato: i diritti disattesi per il personale di tutti i settori, il regresso nel rapporto lavorativo, le criticità riguardanti le sanzioni disciplinari, la mobilità, l’assegnazione di sede, le premialità, le attività, il profilo professionale dei docenti e alcuni aspetti controversi per gli Ata. Per non parlare che il “confronto”, nelle relazioni sindacali, scade a semplice informativa.
- E per la parte economica, cosa ci dice?
- L’esiguità dei vantaggi è tale che si commenta da sola. Gli aumenti economici previsti dal contratto, poche decine di euro, sono al di sotto del tasso d’inflazione e di sicuro non recuperano il potere d’acquisto perso nei dieci anni di blocco contrattuale. Per non parlare del divario tra le retribuzioni del nostro settore e quelle nei paesi della zona euro, di cui nel testo del rinnovo non si parla proprio.
- A breve, un altro appuntamento importante, le Rsu.
- Come sindacato autonomo, libero da ogni ideologia, oggi puntiamo ancora di più sulla nostra credibilità e sulla nostra competenza. Noi abbiamo saputo cogliere il disagio della nostra categoria e non l’abbiamo tradita perché il nostro non è stato lo sguardo breve del presente. E’ uno sguardo lungo in cui le nostre proposte e le nostre battaglie per riqualificare la scuola, l’università, l’alta formazione artistico musicale e la ricerca italiane, e tutto il loro personale, emergeranno in tutta la loro forza.
- Perché, a Suo parere, questa chiusura del governo alle richieste dei sindacati e dei lavoratori del comparto?
- Questa chiusura è il risultato di un mix molto pericoloso: presunzione e indifferenza verso tutto ciò che riguarda il nostro comparto, la scuola in particolare.
Se si “presume” qualcosa che non si conosce bene e se non esiste vero interesse, alla fine si diventa anche indifferenti, perché non si comprende cosa vogliano i lavoratori che protestano e i sindacati che sostengono le loro giuste richieste. Ho visto in questi anni, da parte dei nostri politici, e non parlo solo dell’ultimo governo, una non comprensione della funzione istituzionale della scuola pubblica italiana, della sua valenza strategica per il nostro paese e il suo futuro, per la qualità della vita sociale, per lo sviluppo delle intelligenze e quindi per la capacità inventiva e lavorativa.
- Quindi, lei dice che la crisi della scuola italiana è colpa del disinteresse dei politici.
- Constato che un sostanziale disinteresse per la mission dell’educazione, dell’istruzione della ricerca e della formazione in genere. Ma c’è qualcosa che negli anni ha aggravato il quadro, un malinteso senso della modernità; e questo riguarda sia la destra sia la sinistra. Faccio un esempio. Si parla molto di merito, tra l’altro solo di quello dei docenti. E come si fa a misurare questo merito? Non può saperlo un politico o un burocrate, in quanto la scuola non è un qualsiasi ufficio pubblico. Però, ci hanno fatto credere che a giudicare il merito dei professori possano essere gli alunni e i loro genitori. Gli esiti sono evidenti: rottura intergenerazionale, diffamazioni, scherno e anche atti di violenza verso gli insegnanti, fine della collegialità, inutile antagonismo tra colleghi a favore di chi è più furbo o ammanicato e, ancora più grave, umiliazione strutturale del ruolo di docente.
In compenso, è stato tolto agli insegnanti il compito di valutare meriti e demeriti degli studenti: nessuno deve avere i voti, nessuno deve essere bocciato. Tutti uguali nella mediocrità. Tutto questo mi pare cascame ideologico novecentesco ammantato di superficiale cultura aziendalistica.
- Un quadro sconfortante. Cosa propone lo Snals?
- Serve una vera riforma del comparto, con dei principi e dei punti qualificanti. È necessario e fondamentale ridare centralità, credibilità e autorevolezza alla funzione docente per evitare l’attuale deriva educativa, determinare condizioni di servizio e di funzionamento delle istituzioni preposte, valorizzare tutto il personale e investire su di esso. Le risorse destinate a tutto questo non possono essere viste come “spesa pubblica” da tagliare ma tra gli investimenti prioritari per lo sviluppo e la competitività del nostro paese.
- Cosa chiederete, dunque, al nuovo governo?
- Le cose più importanti le ho appena elencate, ma di sicuro ai membri del governo, da quello dell’Istruzione a quello dell’Economia fino al presidente del consiglio, chiederei se abbiano un modello di sviluppo per la nazione e un progetto per le istituzioni educative, perché chi non ha un progetto Scuola non ha un progetto Paese.